giovedì 27 dicembre 2007

Il pane che non si impasta

Qualche mese fa ho letto per la prima volta uno degli articoli di Mark Bittman, noto come "the minimalist", sul New York Times. Leggere Mark Bittman è uno spasso unico e i suoi video sul sito del New York Times sono divertenti e istruttivi. Il suo stile è essenziale. Sul New York Times, Mark descrive cibi deliziosi da preparare in pochissimo tempo e con pochi, ma scelti, ingredienti, oppure recensisce ristoranti minimalisti e non in giro per il mondo. Recentemente, mi sono imbattuto in questo suo articolo del 8 novembre 2006, dove Mark descrive una tecnica di panificazione casalinga insegnata dal signor Lahey panettiere e proprietario della panetteria Sullivan Street Bakery sulla 47-esima Strada a Manhattan, New York.
La tecnica è veramente minimalistica, due tazze di farina generica, una d'acqua, un quarto di cucchiaino di lievito, un cucchiaino di sale e una tazza e un quarto di acqua. Si mischia velocemente e poi si lascia lievitare per 12 e più ore. Dopo si modella, si lascia riposare per un paio d'ore e si inforna in una pentola con coperchio in un frno preriscaldato per 30 minuti a 220 gradi centigradi. Dopo si toglie il coerchio e si lascia cuocere per altri 20 o 30 minuti.
La tecnica era piuttosto intrigante e lo stile di scrittura di Mark è così coinvolgente che in pochi giorni migliaia di persone avevano provato a fare il pane "che non si impasta". Centinaia e centinaia di blog in tutto il mondo hanno riportato questa ricetta con i relativi commenti. A seguito di ciò "the minimalist" ha pubblicato questo ulteriore articolo sull'argomento corredato di video tutorial con l'autore della tecnica di panificazione.
Dopo aver fatto questa scorpacciata di informazioni non ho potuto fare a meno di sperimentare di persona.
Poiché l'autore dice che la farina non conta, l'ho preso in parola e ho svuotato tutti gli avanzi di farina che c'erano in casa fino ad ottenere due tazze di farina mix di 00, 0, integrale e manitoba.
Ho aggiunto un pezzetto di Mamy (è il nostro lievito naturale che alleviamo in casa come un animale doemstico), sale e tanta acqua da fare annegare la farina. Mescolato il tutto, l'ho abbandonato sotto uno strofinaccio ben inumidito per un giorno intero.
Il giorno dopo ho sollevato lo strofinaccio e ho trovato un impasto morbido e glutinoso con tante bollicine sulla superficie. L'ho qundi piegato un paio di volte su se stesso e via in forno, direttamente sulla placca con un foglio di carta cera. Non ho usato una pentola di ferro come suggerisce l'autore perché ... perché non ce l'ho e basta! Confidando nel dio della crosta ho messo sotto la teglia del pane un'altra teglietta colma d'acqua per umidificare l'ambiente fornifero. 45 minuti dopo ho estratto dal forno una bella pagnottina croccante croccante e con una mollica di buona consistenza, ricca di belle bolle.
Funziona! Funziona! Funziona!
Alberto ha fatto qualche esperimento con questa ricetta e mi ha mandato una foto del suo i pane "che non si impasta" ricoperto di sesamo. Niente male!

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